USB Ipercoop Livorno: il giudice conferma, nel commercio non si può impedire al lavoratore di scioperare

Con quale maglia giocano questa partita Cgil,Cisl,Uil?

Livorno -

Dalle motivazioni della sentenza del Tribunale di Livorno, comunque negativa e preoccupante alla quale ci appelleremo, emergono tre conseguenze positive per i lavoratori.

 

Come già annunciato nella nostra nota di sabato 30 marzo, il Giudice del Lavoro di Livorno Raffaella Calò ha respinto il ricorso con cui chiedevamo che fosse pronunciata l’antisindacalità della condotta di Unicoop Tirreno in occasione dello sciopero dello scorso 31 dicembre, quando ci fu consegnata una lista di dipendenti cosiddetti (o per meglio dire, così scritti) “comandati”.

Nell’analisi delle motivazioni partiamo dai lati positivi, che al di là del respingimento del ricorso, rimangono e rimarranno per sempre.

 

Ai punti 18 e 19 della sentenza leggiamo che: << E’ indubbio che nella specie, non vertendosi in materia di servizi pubblici essenziali, non è ammissibile il ricorso all’istituto della precettazione; di talché, laddove risultasse provato che la parte datoriale, anziché limitarsi a vagliare preventivamente la disponibilità dei lavoratori a svolgere la prestazione lavorativa, avesse esercitato sugli stessi indebite coazioni o avesse ordinato lo svolgimento dell’attività lavorativa, la condotta dovrebbe senz’altro dichiararsi antisindacale. A fortiori, non vertendosi in materia di servizi pubblici essenziali, deve in questa sede ribadirsi che la parte datoriale non ha il potere di individuare unilateralmente le prestazioni indispensabili e, quindi, di “comandare” e di “sanzionare” i lavoratori in sciopero. >>

 

Premettendo che per noi è evidente che scrivere una lista con i nomi di lavoratori comandati, CONFIGURA SENZA DUBBIO una indebita coazione e un ordine (quindi SIAMO IN PRESENZA di una condotta antisindacale), deduciamo comunque tre principi fondamentali:

1- La precettazione, o lavoro comandato, o come vogliono chiamarlo, nel commercio non esiste. Come noi abbiamo sempre sostenuto.

2- Nessun lavoratore del commercio è sanzionabile se, precettato o comandato, decide comunque di aderire ad uno sciopero.

3- Unicoop Tirreno, in conseguenza di questa nostra azione giudiziaria, d’ora in poi starà più attenta al proprio comportamento in occasione di scioperi.

TRE ASPETTI CHE CONSIDERIAMO UNA VITTORIA, PERCHE’ STABILISCONO UNA CERTEZZA ANCHE FUTURA PER I LAVORATORI SUL LORO DIRITTO DI SCIOPERO.

 

Veniamo invece agli aspetti che ci lasciano a dir poco perplessi.

 

Ai punti 10 e 11 della sentenza il giudice parla di “prassi sindacale in forza della quale la parte datoriale, nell’imminenza di uno sciopero, vagliava la disponibilità di alcuni lavoratori di effettuare regolarmente la propria prestazione lavorativa”, e attesta che anche la nostra testimonianza in udienza ha confermato questa prassi.

Ciò che però non dice è che l’esistenza di questa “prassi” E’ COMUNQUE IRREGOLARE, visto che un lavoratore ha la possibilità di aderire allo sciopero anche all’ultimo momento senza avvisare il datore di lavoro. Il fatto che noi in udienza abbiamo confermato l’esistenza di questa prassi, non significa certo che l’abbiamo ritenuta legittima! Prima non l’avevamo mai denunciata semplicemente perché era difficilissima da dimostrare davanti a un giudice (e ora abbiamo dovuto purtroppo constatare che neanche quando ci sono le prove scritte il processo è così semplice…).

Questo della “prassi” è un concetto che compare più volte nei vari passaggi della sentenza, ma in uno Stato di Diritto contano le “prassi” o le leggi?

Il punto più inquietante è però il numero 13: << Non risulta per contro né allegato né provato che i cinque lavoratori di cui alla lista siano stati fatti destinatari di ordini, in forma scritta o orale, di presentarsi al lavoro durante la giornata di sciopero, o siano stati minacciati di sanzioni nel caso di inottemperanza a tale ordine. >>

Una contraddizione in termini! C’è una lista (depositata agli atti, mai negata dall’azienda e riconosciuta dal giudice) con scritto in intestazione“Lavoratori comandati”, ma questa stessa lista per il giudice non costituisce un ordine per i dipendenti che vi compaiono. Incredibile. Per il giudice probabilmente l’azienda scherzava, quando ha redatto quell’elenco di nomi. Si rende conto, il giudice, cosa significa per un lavoratore, nell’imminenza di uno sciopero, venire a conoscenza che il proprio nome è in una lista di dipendenti “comandati”, quindi obbligati ad andare a lavorare?

 

 Proseguendo nella lettura, ci imbattiamo nel punto 14, che parla di “prassi di relazioni sindacali che pare consolidata poiché condivisa dalle altre sigle sindacali e dal sindacato resistente sino alla data di proposizione del ricorso”. Anche questo è incredibile, visto che nella nostra testimonianza abbiamo riferito che come Usb (e prima SdL) siamo delegati/e Rsu dal marzo 2008 e che da quella data MAI avevamo avuto conoscenza di liste di lavoratori comandati prima dello sciopero del 31 dicembre scorso. Come facevamo a condividere se dopo il marzo 2008 non era mai successo, e prima non esistevamo come sindacato in azienda? Semmai esisteva, come detto, l’usanza di vagliare la disponibilità dei lavoratori, ma di certo noi non la condividevamo. E comunque ci sono in un comportamento aziendale notevoli differenze, che il giudice non coglie, tra argomentare (anche pubblicamente come succede spesso) la propria contrarietà allo sciopero (comportamento legittimo), fare pressioni esplicite sui lavoratori per inibire l’adesione allo sciopero e/o vagliare la disponibilità a lavorare facendo quindi pressioni implicite (comportamento illegittimo ma, come detto, difficile da dimostrare) e stilare una lista di lavoratori comandati (comportamento clamorosamente illegittimo e dimostrabile con le prove scritte come abbiamo fatto).

Sempre al punto 14 si legge poi che in realtà quei lavoratori non erano comandati perché “avevano preventivamente manifestato la propria disponibilità a lavorare in occasione dello sciopero”. A parte che non è vero (o almeno non lo è per tutti e cinque), ma poi, se veramente avevano dato la loro disponibilità a lavorare, che bisogna c’era allora di comandarli? E al punto 21, il giudice parla di “lista di lavoratori impropriamente definiti comandati”. Impropriamente? Ma a definirli così era stata proprio l’azienda scrivendolo in intestazione! Il giudice ha deciso (per loro) che l’hanno scritto ma in realtà intendevano un’altra cosa. Pazzesco.

 

 Chiudiamo la nostra analisi con il punto 20 della sentenza. Il giudice dice che “ciò che è emerso è una prassi sindacale che ha consentito sino ad oggi alla parte datoriale di fare ricorso al cosiddetto crumiraggio diretto e di limitare, in via preventiva, i danni conseguenti allo sciopero dei lavoratori.”

E qui non possiamo che rilevare e sottolineare con forza che se al nostro fianco in questa battaglia giudiziaria ci fossero state anche le altre sigle sindacali Cgil-Cisl-Uil, avrebbero potuto testimoniare insieme a noi cosa successe veramente in quei giorni. Ossia, ad esempio, che l’ipermercato di Livorno non fu l’unico punto vendita dove ci fu precettazione, ma ciò accadde in tutti i negozi della provincia di Livorno e anche nella sede di Vignale Riotorto. Oppure avrebbero potuto negare ciò che l’azienda ha scritto nella propria memoria di controparte, ossia che le sigle sindacali “da sempre addirittura sottoscrivono per accettazione” le liste dei lavoratori comandati. E tante altre cose avrebbero potuto dire, per smontare questo concetto di “era la prassi” che a quanto pare è stato decisivo nella pronuncia del giudice. Invece niente, ad oggi solo un assordante silenzio proviene da Cgil-Cisl-Uil. Visto che andremo in appello, li invitiamo pubblicamente a rompere questo silenzio e a contattarci per testimoniare nel secondo grado di giudizio. Noi abbiamo avuto il coraggio di metterci la faccia per difendere un diritto fondamentale di tutti i lavoratori, questo coraggio dovrebbero trovarlo anche loro.

 

Coordinamento Usb Unicoop Tirreno Livorno