Coop: la APP che impazza sul web... A quando quella sui precari?

Roma -

Sul web impazza il video denuncia di Max Bugani che ci mostra come funziona la nuova App “COOP ORIGINI” (disponibile su piattaforma iOS ed Android) che consente, semplicemente fotografando il codice a barre del prodotto, di ottenere subito disponibili le informazioni relative alle principali materie prime impiegate nelle produzioni, in genere i primi due ingredienti che appaiono in etichetta o comunque quelli che più ne definiscono le caratteristiche.

 

Bugani pone l’attenzione su un particolare di non poco conto, in pratica tutto quello che mangiamo, beviamo, consumiamo viene da ogni parte del mondo, la provenienza degli alimenti è variegata: Egitto, Cuba, Uruguay, Cina, India… insomma, se il principale attore sul mercato italiano della grande distribuzione si approvvigiona di materie prime estere, dov’è finito il prodotto Made In Italy?

 

Per fortuna della Coop, “per ora” i lavoratori non hanno tatuato il codice a barre e non esistono App che ne svelano le “origini” lavorative. Max Bugani avrebbe materiale per produrre un altro video, quello sulla “tracciabilità” contrattuale dei lavoratori di un’azienda che si autodefinisce etica e piena di valori ma che nella realtà dimostra di essere  senza scrupoli e all’avanguardia nello sfruttamento del lavoro con buona pace dell’etica cooperativa.

 

Max Bugani potrebbe attingere dalla storia della "Bella Addormentata alla Coop", Catia Bottoni, “recordwoman” della precarietà che in 12 anni ha collezionato 27 contratti a termine e dalle molte altre storie di "Belle Addormentate" che aspettano il “Principe", dopo la Via Crucis precaria, la maggior parte delle quali sono donne e madri, (diverse toccano gli 8-9 anni di contratti a termine a ripetizione), che l'azienda ha mandato a casa, o nel “migliore dei casi ha "stabilizzato" con contratti che di fatto precarizzano il contratto a tempo indeterminato (le lavoratrici sono state assunte ma solo per alcuni mesi l’anno, con una formula di “part-time verticale annuo” che prevede appunto che la riduzione oraria rispetto al normale contratto full-time non si applica orizzontalmente mese per mese ma si calcola invece su base annua.

 

Ma potrebbe attingere anche dalle storie di quelle delegate ed iscritte USB che scrissero una lettera aperta a Luciana Littizzetto, allora testimonial della Coop, nella quale venivano rappresentate le condizioni vissute dalle donne che ci lavorano. 

 

Ma restiamo ai precari, perché assumere ex novo lavoratori da formare e senza esperienza e lasciare a casa persone che da anni danno il loro apporto all’impresa con professionalità ed esperienza? La risposta a questa domanda che la “APP FUTURA” dovrebbe fornirci è inquietante: non li chiamano perché non vogliono rischiare che si avvicinino troppo ai 36 mesi di lavoro, validi per l'assunzione obbligatoria per legge. E' il modo che Unicoop Tirreno ha escogitato per aggirare la legge dell'assunzione obbligatoria dopo 36 mesi: ti sfrutto per qualche anno e poi ti saluto, sostituendoti con altri precari, stavolta interinali così mi metto al riparo dalle eventuali cause di lavoro.

 

Proprio quella Coop che si riempie la bocca ogni cinque minuti con la parola "legalità", trova il modo di farsi beffa di una legge che tutela i lavoratori dal cancro della precarietà. Un meccanismo effettivamente ingegnoso di un'azienda che si conferma all'avanguardia nel trovare nuove forme per lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori. Ma il paradosso di tutto questo è che la Coop, avendo a disposizione una macchina da guerra mediatica, può presentarsi all'opinione pubblica addirittura come azienda modello per il trattamento dei lavoratori. Degno del miglior Orwell.

 

Siamo entrati in una nuova era, quella in cui le imprese assumono con forme contrattuali che mettono spalle al muro i lavoratori e li impiccano ad una esistenza fatta di sfruttamento e condizioni di vite lavorative impossibili, oppure assumono per pochi mesi e poi sotto a chi tocca.

 

Tutto questo, consentito da un quadro normativo lavoristico ignobile, sostenuto nel corso degli anni (oltre che dal centrodestra e dai governi tecnici come è nella loro natura) anche dal centrosinistra, dai sindacati complici e rilanciato oggi da Poletti che, da Ministro, ripropone il “modello a marchio Coop” con il Decreto Legge sull’apprendistato e i contratti a termine, che supera a destra la famigerata riforma Fornero.

 

USB Lavoro Privato, in attesa della “APP FUTURA”, rigetta al mittente questa idea di sfruttamento, pronta a rilanciare le mobilitazioni al fianco dei precari Coop, delle tante “Belle Addormentate alla Coop” che hanno speso anni di sacrifici personali e familiari per l’agognato “Principe” ma che hanno visto la Coop violare la favola e cambiarne il finale.

 

Il lavoro non è una favola, è dignità e per quella dignità siamo pronti a lottare.