Chiusure domenicali e festive, Usb: va bene ma speriamo non sia l'ennesima illusione
Al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici del commercio, portiamo avanti da più di sette anni questa battaglia, resa ancora più difficile dalla resa di Cgil, Cisl e Uil, che hanno accettato senza colpo ferire lo smembramento dell'orario lavorativo e la cancellazione, di fatto, del diritto al riposo previsto per legge firmando un contratto nazionale che, non solo varava le liberalizzazioni, ma anticipava la cancellazione di molti diritti, poi promulgata come Jobs Act.
Dalla giornata di mobilitazione nazionale per il diritto alle festività (“L'OTTO IO LOTTO “) di dicembre 2013, all’appuntamento del 2 giugno con la nostra manifestazione per il diritto alle domeniche e ai festivi, dalle “Lezioni di Costituzione” al Centro Commerciale Porte di Roma e per finire alla riuscitissima manifestazione al centro commerciale Cinecittà Due: “25 APRILE: RESISTENZA PRATICATA” e molte altre su tutto il territorio nazionale.
Ad oggi l'Italia è uno dei pochi paesi in Europa a consentire una completa deregolamentazione in materia, i negozi possono stare aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in qualunque zona si trovino. In Francia i negozi chiudono domenica e gli altri giorni festivi, ad eccezione di quelli di alimentari che restano aperti fino alle 13. Anche in Germania sono tutti chiusi, tranne alcune categorie specifiche come ad esempio le panetterie, le edicole e i fioristi. In Spagna invece sono i governi regionali a stabilire le regole sulle aperture: in genere comunque queste ultime si limitano tra le 10 e le 16.
In Francia il colosso Carrefour non apre certo 24h ore al giorno, in Italia sì, sperimentando forme di schiavismo durante la notte, facendo lavorare cooperativa ( fasulle?) a 5 euro l’ora!
L’attacco padronale è già iniziato con proclami e urla su quanti posti di lavoro si perderanno: ci sarebbero 40-50mila lavoratori - una stima generica e tutta da verificare - avverte il direttore generale di Conad, Francesco Pugliese. Rilancia l'allarme occupazione il presidente di Federdistribuzione, Claudio Gradara parlando di un provvedimento di cui «non vediamo la necessità e l'opportunità» e di cui «non si capisce la tempestività».
Di certo invece ci sono i numeri inconfutabili che certificano come in sette anni di 'deregulation' totale (e di domeniche sempre aperte allo shopping) i risultati economici si siano rivelati piuttosto deludenti su vari fronti. I dati Istat sull'occupazione nel commercio nello stesso quinquennio sono impietosi: tra lavoratori dipendenti, indipendenti, esterni e temporanei si è scesi sotto gli 1,9 milioni. Con quasi 30mila posti andati in fumo.
“Caleranno i consumi”, urlano le multinazionali senza dire che le liberalizzazioni hanno portato ad un calo dei consumi (meno 0,6% nel 2016 e meno 1,3% nel 2017) e ad una progressiva dismissione e vendita dei grandi centri commerciali
Un tesi falsa poiché l’acquisto delle merci non dipende dall'apertura settimanale dei negozi, ma dalla disponibilità economica dell’acquirente. Le aperture domenicali servono a riportare il lavoro ed i diritti indietro di decenni, a rendere il lavoratore sempre più flessibile, con poche ore frazionate in tutto l’arco della settimana e con salari sempre più bassi. Mano d’opera sempre pronta e a basso costo cosicché nelle catene commerciali, sempre in cerca del massimo profitto, le multinazionali recuperino i costi delle merci e di gestione schiacciando e disumanizzando i lavoratori.
L'imposizione del lavoro festivo, spesso senza il pagamento della maggiorazione e il dovuto preavviso, è uno dei temi più sentiti dai lavoratori del settore, i quali sono costretti a vivere una vera e propria settimana al contrario, con uno sconvolgimento della vita. Vengono privati brutalmente del loro tempo e isolati in famiglia e in società. Mentre tutti si riposano, loro lavorano.
Quindi, caro Ministro Di Maio, apprezziamo il suo sforzo per giungere ad una regolamentazione del lavoro domenicale e festivo nel commercio, ma riteniamo che il tema debba essere analizzato nel suo complesso con un’ attenzione scrupolosa alla questione occupazionale.
Il commercio è un settore in continua trasformazione, ha subito negli ultimi tre anni numerose riduzioni del personale legate alle ristrutturazioni mentre le grandi aziende stanno puntando tutto sul’ e-commerce.
E se i consumi non si spalmassero sulla settimana? E se consumi si spostassero sull'e-commerce? E la platea di lavoratori assunti con contratti part-time verticali concentrati solo sui fine settimana, che fine faranno? Ma soprattutto se chi è per il profitto usasse questa come scusa per licenziare ancora e assumere giovani con il jobs act sottopagati e sfruttati?
Riteniamo di primaria importanza il diritto al riposo e da sempre agiamo per giungere ad accordi che regolamentino il lavoro festivo sia dal punto di vista del numero di domeniche da lavorare sia da quello delle maggiorazioni retributive. È su questi temi che noi riteniamo si debba continuare a lavorare politicamente e sindacalmente. Diventa quindi essenziale il varo del reddito sociale, un forte sostegno salariale a chi potrebbe rimanere senza lavoro.
Serve molto di più che una modifica alla legge sulle liberalizzazioni, serve un controllo vero che non permetta alle aziende di licenziare per aumentare il profitto, per sostituire lavoratori e lavoratrici con mano d'opera a basso costo (magari esternalizzata a 5 € l'ora), servono gli ispettori del lavoro che controllino chi fa il furbo e non rispetta i diritti di chi lavora, serve un governo che abbia la volontà di cambiare leggi come il jobs act e la riforma Fornero.
L'invito che facciamo al Ministro e alla sua squadra di governo è quindi quello di mettere in campo tutte le opportune valutazioni sul tema delle aperture domenicali e festive, perché non possiamo permettere che a pagare eventuali paventate conseguenze negative saranno ancora una volta gli sfruttati.
Tre milioni di lavoratori aspettano da sette anni, sette anni di troppo.
Il commercio non può essere il laboratorio in cui sperimentare
nuove forme di sfruttamento e precarietà!
Usb Commercio