Contro lo sfruttamento delle donne nel mondo del commercio, l'8 marzo sciopero. Lunedì 4 appuntamento in via dell'Aeroporto
L'Unione Sindacale di Base risponde all’appello di Non una di meno e proclama lo sciopero generale di tutti i settori, pubblici e privati, per il giorno 8 marzo.
Fra i settori produttivi in cui le donne sono maggiormente impegnate c'è il comparto del commercio, che vede una forbice salariale ancor più evidente (la differenza retributiva media italiana tra uomini e donne è del 44%) a causa del larghissimo uso del part time involontario, a cui le donne sono molto spesso costrette a causa del loro ruolo - secolarizzato dalla società - di cura della famiglia.
È una delle forme più subdole di violenza, che colpisce tutte noi inchiodando le donne in uno stato di subordinazione nei confronti dell'uomo.
La donna lavora e si occupa dei bambini e degli anziani della famiglia, senza che il suo impegno sia retribuito né in alcun modo suddiviso con il partner, quando c'è.
Molte aziende utilizzano il part time come strumento di ricatto verso le lavoratrici. Viene offerto come unica forma possibile di contratto e le esclude, ovviamente, dall'eventuale possibilità di carriera.
Alle donne del commercio moltissime volte viene richiesto, in sede di colloquio, se hanno un compagno e se hanno intenzione di avere figli e di sposarsi.
Viene richiesta loro una presenza gradevole e, in molti casi, la donna considerata non in linea con i parametri estetici richiesti dalla società contemporanea viene scartata a favore di una più avvenente, al netto di esperienza e competenze.
Viene richiesta loro una flessibilità che mal si concilia con la vita privata.
Le donne con famiglia sono spesso le prime vittime delle modalità – ormai diffusissime in tantissime aziende – di esclusione dal lavoro. Quando un'azienda si trova ad affrontare una crisi finanziaria e necessita di fare tagli al personale, le prime che ci rimettono sono le donne con figli, soprattutto se single, perché più ricattabili dal punto di vista dell'orario. Viene loro imposto un orario impossibile ed ecco che le lavoratrici sono costrette a presentare le dimissioni.
Non va meglio a quelle donne rimaste sole per scelta o per casualità, costrette comunque ad assunzioni part time, escluse da ogni forma di sostegno sociale, perché comunque percettrici di un reddito e senza figli, che fanno i salti mortali per pagare affitto e bollette con un salario così compresso. Se non è violenza patriarcale questa!
I nastri orari presenti all'interno della stragrande maggioranza dei centri commerciali fanno da sponda ai padroni per avere gioco facile. In questo modo, negli ultimi anni, siamo stati testimoni di numerosissime dimissioni “involontarie” da parte di lavoratrici, spesso con contratti tutelati dall'articolo 18, a favore di riassunzioni di lavoratrici e lavoratori con contratti normati dal Jobs Act e perciò molto meno tutelati.
Le politiche di austerity volute in questi ultimi anni dall'Unione Europea hanno portato ad una vera e propria femminilizzazione dl lavoro, ovvero hanno messo in atto tutte quelle pratiche di abbattimento del costo del lavoro - e al contempo dei diritti - che fino a qualche decennio fa erano esclusivo appannaggio dell'impiego femminile, estendendole a tutta la forza lavoro. Questo dato è riscontrabile ancor di più nel settore del commercio.
La questione dello sciopero non è pertanto solo “femminile”, ma coinvolge direttamente anche gli uomini, specialmente quelli impiegati nella grande distribuzione.
È bene che noi donne impegnate in questo vasto e complesso settore tutte insieme portiamo avanti una riflessione alla luce di questi dati allarmanti, che ci aiutino a rispedire al mittente l'accusa che si tratti di uno sciopero pretestuoso e con motivazioni obsolete.
NO ALLE DISCRIMINAZIONI – NO ALLA DIPENDENZA ECONOMICA
CONTRO OGNI FORMA DI SFRUTTAMENTO
PER DISCUTERE DI QUESTE ED ALTRE TEMATICHE E PER ASCOLTARE LE VOSTRE ESPERIENZE PERSONALI VI ASPETTIAMO PRESSO LA SEDE DI USB IN VIA DELL'AEROPORTO 129 IL 4 MARZO ALLE ORE 17
Unione Sindacale di Base