E' STATO MORTO UN LAVORATORE

Roma -

Mentre ci apprestiamo a stappare lo spumante per salutare l’inizio del 2014, la stima degli omicidi sul lavoro ci mostra dei dati da “guerra civile”. L’Osservatorio indipendente di Bologna, al 24 dicembre, ci dice che nel 2013 sono morti sul lavoro oltre 1180 lavoratori (stima minima) e molto probabilmente a fine anno saranno oltre 1200. A questi dobbiamo purtroppo aggiungere i suicidi dovuti alla disperazione di non avere un lavoro o di averlo perso, il tragico fenomeno dei suicidi legati alla crisi economica.

 

L'incendio nella fabbrica dormitorio di Prato, dove sette operai di nazionalità cinese hanno trovato la morte il primo dicembre, non è “un caso limite”, come ha affermato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, è la punta di un iceberg fatto di violazioni alle norme sulla salute e sicurezza, di lavoro nero, di lavoro sommerso, di precarietà, di flessibilità, di caporalato, di nuove forme di schiavitù contemporanea.

 

La crisi è globale, come lo sono gli omicidi sul lavoro. La mela di Apple, frutto avvelenato per i lavoratori che producono gli smartphone, dai quali manderemo un tweett per gli auguri di capodanno, miete vittime nei paesi che producono a basso costo sulla pelle dei nuovi schiavi. L’ultima vittima è Shi Zaokun, un giovane operaio quindicenne della Pegatron, azienda con sede a Shanghai che produce iPhone5. Shi Zaokun lavorava fino a 80 ore a settimana, con documenti falsi che la Pegatron gli aveva procurato per aggirare la legge che proibisce il lavoro minorile.

 

Ma qual è il ruolo dello stato? Quello stato che legifera e dovrebbe controllare con la mano destra, mentre con la sinistra sostiene e propaganda l’esigenza di aiutare le aziende a stare sul mercato? Lo stato, sempre di più, chiude entrambi gli occhi per il “bene” del mercato, promuove politiche di flessibilità e di bassi salari lasciando i lavoratori in balia del dispotismo padronale. Queste politiche sono divenute appannaggio anche della "sinistra" e dei sindacati di palazzo, pronti a voltare lo sguardo per non disturbare il manovratore e per proteggere e promuovere lo sviluppo delle "proprie" aziende.

 

Tutto è subordinato al bene delle imprese, anche le nostre stesse vite, questa è l’ideologia che le forze politiche e i sindacati complici hanno diffuso, purtroppo anche tra i lavoratori. Solo se le aziende hanno successo, fanno profitti, resistono sui mercati, si conserveranno lavoro e salario; di conseguenza si devono comprendere le difficoltà e non si deve richiedere il rispetto delle norme; insomma, i lavoratori dovrebbero consegnarsi senza condizioni ai “prenditori” di questo paese che li vogliono schiavi del profitto.

 

Noi respingiamo al mittente questa logica, ogni morto e ogni infortunio sul lavoro è un fatto che ci riguarda tutti, non smetteremo di esercitare il controllo sulle nostre condizioni di lavoro e continueremo a lottare per riconquistarci condizioni di maggiore salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le nostre vite valgono di più dei profitti.

 

Il nostro pensiero va a tutti quelli che sono usciti di casa al mattino per andare al lavoro e non vi sono mai più tornati, va ai parenti che non li hanno mai più abbracciati, a tutte quelle mamme, quei papà, quelle mogli e quei figli che anche quest’anno subiranno la fredda conta delle statistiche di fine anno e la falsa retorica dei buoni propositi per l’anno nuovo.