Esselunga e il lavoro domenicale: le ragioni di un NO per il solito referendum farsa
Il solito albergo, la città stavolta è Bologna: i soliti attori e la solita firma che peggiora le condizioni dei lavoratori della catena commerciale Esselunga e rende esigibili dalle 22 alle 24 domeniche l'anno.
Il 22 gennaio del 2016, Esselunga, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, hanno firmato l'ipotesi di accordo sulla programmazione del lavoro domenicale. Lor signori esultano, dopo aver già “santificato” il lavoro domenicale sul CCNL di categoria. Una ipotesi di accordo che svela il vero volto di chi si contrappone in maniera strumentale e a suon di jingle alle liberalizzazioni degli orari nel commercio, ma nella realtà non tiene in alcun conto questa sentita problematica di milioni di uomini e donne che si guadagnano da vivere nei centri commerciali.
Ora ci sarà l'ormai nota liturgia del referendum e il 26 e 27 febbraio 2016 i lavoratori Esselunga dovranno decidere se validare o meno questo accordo, che come sempre sarà presentato come il migliore degli accordi possibili, ma la realtà è un'altra.
L'accordo prevede una programmazione trimestrale sul lavoro domenicale che riguarderà tutti i lavoratori, anche quelli senza obbligo di lavoro domenicale. La disponibilità volontaria, qualora non coprisse tutte le turnazioni, sarà superata dalla decisioni d'imperio dei responsabili, e con i rapporti di forza presenti nelle aziende, possiamo immaginare il risultato.
Le eventuali assenze per malattia nei giorni domenicali, dovranno essere giustificate con il certificato medico e recuperate la prima domenica utile in programma. Obbligando di fatto i lavoratori che contrattualmente non lo erano, l'azienda si impegna (?) a concedere agli altri la possibilità di usufruire di 3 riposi domenicale all’anno (per i full time) e di 2 riposi all’anno (per i part time)
La parte salariale subisce un arretramento dovuto al sistema “incentivante” delle maggiorazioni domenicali che sostituisce di fatto le maggiorazioni domenicali e festive del mese di dicembre. Ovviamente il saldo è a favore di Esselunga, con buona pace dei sindacati firmatari.
USB respinge al mittente questo ennesimo accordo vergogna, utile solo ad Esselunga e ai fautori delle liberalizzazioni del commercio. Oggi è ancora più evidente che Cgil Cisl e Uil accompagnano queste politiche senza alcun contrasto.
I lavoratori hanno invece dimostrato che, se vengono messi in condizione di scegliersi il proprio futuro, non si rassegnano alla politica della riduzione del danno ma hanno le qualità, l’energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti e del salario ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora.
Vota No al referendum per rilanciare la mobilitazione e la lotta.