Grande distribuzione, le pratiche al massimo ribasso schiacciano agricoltori e braccianti
Le pratiche di alcuni grandi marchi commerciali favoriscono lo sfruttamento nei campi
La Grande distribuzione organizzata commercializza il 70% dei prodotti agricoli, essere fuori da questo mondo fa la differenza fra vedere la propria merce sugli scaffali dei supermercati o vederla marcire nei campi. La Gdo lo sa bene e cerca di ricavarne il massimo profitto.
Alcuni marchi però abusano della situazione, mettendo in atto pratiche sleali per ridurre i costi di acquisto. Sono state contate almeno 15 forme di contributi e sconti che i fornitori sono costretti a pagare perché i loro prodotti entrino nei negozi, fra questi ricordiamo la pratica inaccettabile delle aste al doppio ribasso. Il compratore raccoglie le offerte dei produttori e la più bassa non sarà il prezzo, ma a sua volta la base d'asta di un'altra gara al prezzo più conveniente.
È salita alla ribalta della cronaca, quella messa in atto da un noto discount per la passata di pomodoro, pagata 31,5 centesimi, mentre scendeva a 21,5 la lattina di pelati. Per la passata di pomodoro, solo tenendo conto dei costi vivi della materia, la bottiglia e il tappo arriviamo ad un costo di 32 centesimi. Inferiore al prezzo di acquisto.
Quali diritti dei lavoratori in tutta la filiera possono essere garantiti se non si rientra neanche dei costi vivi per il materiale e il prodotto? Fornitori e produttori agricoli sono schiacciati da queste pratiche, tanto da essere costretti ad abbassare il costo del lavoro, disinvestendo in termini di sicurezza e salario.
Nella maggior parte dei casi i braccianti sono di origine di straniera, scelti perché più facilmente sfruttabili. In pochi conoscono la lingua italiana e le leggi che regolano il lavoro a cui avrebbero accesso. Molti poi sono costretti a piegarsi a qualsiasi condizione pur di non perdere lo status di lavoro subordinato che gli consente di avere il permesso di soggiorno.
Il lavoro grigio è la pratica più diffusa, i braccianti vengono segnati per le giornate minime che consentono di accedere alla disoccupazione, mentre poi lavorano tutto l’anno fino a 13 ore al giorno nel periodo estivo.
Il caporalato non è un fenomeno solo italiano, ma ben radicato in tutta Europa, in particolare nei Paesi del Mediterraneo come Spagna e Italia.
Diventa fondamentale pertanto un’azione a livello europeo che limiti l’accentramento di potere della Grande distribuzione, applicando dure sanzioni a quei marchi che mettono in atto pratiche sleali o addirittura vessatorie. Il Parlamento e il Consiglio europeo in proposito hanno emanato una direttiva, la cosiddetta pratiche sleali. Gli Stati membri, fra cui quindi l’Italia, sono obbligati a recepirla entro fine maggio.
USB Viterbo