Lettera aperta a Laura Boldrini
Onorevole Presidente Boldrini,
mi rivolgo a Lei, da sempre impegnata nella difesa dei più deboli, medaglia Ufficiale della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, terza carica dello Stato;
mi rivolgo a Lei perché quanto accade nel nostro paese è insopportabile, mi rivolgo a lei da sindacalista ma ancor prima da uomo, uno dei tanti uomini che odiano e combattono la violenza di genere, sia essa fisica o psichica, sia essa perpetrata tra le mura domestiche, per la strada, sui luoghi di lavoro o nelle aule parlamentari;
mi rivolgo a Lei per conto di Lucia e di tutte le Lucia che subiscono quotidianamente soprusi ed ingiustizie, per conto di quelle donne, lavoratrici e madri che fanno questo paese tutti i giorni;
mi rivolgo a Lei affinché Lucia si veda riconosciuto il sacrosanto diritto al lavoro che le è stato sottratto ingiustamente, che l’ha lasciata senza dignità e senza stipendio per anni nonostante la Magistratura di Avellino si sia espressa più volte per il suo reintegro. Tutto questo perché la sua azienda, “l’etica e piena di valori Coop” che vede ai suoi vertici tanti uomini e poche donne, non ha ottemperato alle 3 sentenze emesse;
mi rivolgo a Lei perché Lucia, grazie anche all’intervento delle sue onorevoli colleghe Silvia Chimienti, Gessica Rostellato e Ileana Piazzoni (quest’ultima ha presentato finanche una interrogazione parlamentare sulla vicenda), ha riottenuto il suo lavoro… Ma lo ha pagato a caro prezzo. La sua unica colpa rivendicare un diritto, la sua assurda pena l’esilio;
mi rivolgo a Lei perché Lucia, dopo aver subito il danno, subisce anche la beffa e viene reintegrata ad oltre 400 km da casa. Questa è la rappresaglia che subisce chi rivendica i propri diritti, chi è debole ma non si arrende alle ingiustizie, si organizza, lotta, vince e si vede trasformare l’agognato diritto nella vittoria di Pirro, questo succede troppe volte alle donne di questo paese;
mi rivolgo a Lei perché questa storia è iniziata con un messaggio disperato di Lucia, perché in questo paese troppa gente getta la spugna e preferisce il suicidio alla lotta e quei pochi che riescono a raggiungere il risultato lo vedono vanificato dall’arroganza dei potenti; perché in questo paese muore la speranza e tutti noi abbiamo il dovere di riportarla in vita, abbiamo il dovere di adoperarci per conquistare la giustizia sociale senza la quale la parola libertà perde ogni senso;
mi rivolgo a Lei come uomo, come le dicevo all’inizio, perché il grido disperato di Lucia ha colpito la mia anima prima ancora di muovere il sindacalista. Non ho potuto non notare la sua ammirazione, che è anche la mia, per un grande uomo recentemente scomparso, Nelson Mandela. Madiba diceva: “la libertà è una sola: le catene imposte ad uno di noi pesano sulle spalle di tutti”;
mi rivolgo a Lei affinché si impegni con me per riuscire a spezzare le catene imposte a Lucia, quelle catene pesano anche sulle nostre spalle.
Cordiali saluti
Francesco Iacovone