Commercio: USB, lavoratori dei supermercati in sciopero: la Coop non si vende
Le grandi Coop appaltano il marchio a soggetti esterni o a loro stesse
Sono chiusi per lo sciopero indetto dall’Unione Sindacale di Base i supermercati Coop di Frosinone, Fiuggi, Terracina, Cisterna e Formia. Sono in corso presidi davanti agli stessi punti vendita e la mobilitazione ha visto la pressoché totale adesione dei lavoratori.
Lo sciopero è stato indetto per respingere i tentativi della Cooperativa di cedere parte della rete vendita ad imprenditori privati. Infatti, dopo le prime aperture in franchising, sempre nel Lazio, i supermercati interessati dalla protesta sono destinati ad essere ceduti.
“Siamo di fronte ad una nuova frontiera dell’appalto, - dichiara Francesco Iacovone dell’Esecutivo Nazionale USB Lavoro Privato - dove in alcuni casi il soggetto appaltante coincide con il soggetto appaltatore, in altri il marchio viene affidato a società private esterne al mondo Coop.”
Prosegue il sindacalista: “Unicoop Tirreno, otre alla volontà manifestata di cedere questi cinque punti vendita, ha costituito una nuova società che conterrà tutti i supermercati e gli ipermercati Coop di Lazio e Umbria, la NEWECO 3.0. La Coop non può delocalizzare in paesi dove il lavoro costa meno, come fanno call center e fabbriche, e allora ha tirato fuori il coniglio dal cilindro per ottenere lo stesso risultato. Le grandi Coop appaltano il marchio a soggetti esterni o a loro stesse, costituite in società private non cooperative, e ottengono un abbassamento del costo del lavoro a danno di chi la Coop la fa tutti i giorni: le lavoratrici ed i lavoratori".
Oggi abbimo dato la prima risposta a questa logica, e ci prepariamo a rilanciare le mobilitazioni a partire dagli scioperi già proclamati per il 24, 25 e 26 marzo e dalla manifestazione davanti la sede nazionale della Lega delle Cooperative, in via Guattani 9 che si svolgerà durante lo sciopero del 26 marzo. Un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti e del salario ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora”, conclude Iacovone.