Coop: operazione franchising, marchio in affitto e diritti svenduti
Siamo al triste epilogo da noi ipotizzato almeno cinque anni fa. Unicoop Tirreno ha costituito una nuova società che conterrà i negozi Coop di Lazio e Umbria, la NEWECO 3.0. Ma non solo, dopo le prime aperture in franchising, sempre nel Lazio, alcuni negozi Coop sono destinati ad essere ceduti ai privati. Un marchio in affitto o in una sorta di nuova frontiera dell’appalto, dove in alcuni il soggetto appaltante coincide con il soggetto appaltatore, in altri il marchio viene affidato a società privatistiche all'esterno del mondo Coop.
Insomma, la Coop non può delocalizzare in paesi dove il lavoro costa meno, come fanno call center e fabbriche, e allora tirano fuori il coniglio dal cilindro e ottengono lo stesso risultato. Le grandi Coop appaltano il marchio a soggetti esterni o a loro stesse, costituite in società private non cooperative, e ottengono un abbassamento del costo del lavoro a danno di chi la Coop la fa tutti i giorni: le lavoratrici ed i lavoratori.
Dopo il naufragio del progetto franchising di qualche anno fa in Campania, dove l’azienda ha tentato di svendere ad un privato la storia della cooperazione, i diritti dei lavoratori ed il concetto stesso di democrazia, naufragio dovuto alla ferma opposizione dei lavoratori e dell’USB, Unicoop Tirreno torna alla carica e ripropone lo stesso modello.
Eccolo il futuro del mondo cooperativo proposto dai "capitani coraggiosi" a marchio Coop, dare in franchising questo marchio, che dovrebbe garantire i principi e i valori che ispirano questa particolare forma d’impresa, ad aziende di capitale. Il tutto per scaricare il costo del lavoro senza rinunciare ai privilegi riservati alle imprese cooperative.
La scelta organizzativa del modello franchising apporterà benefici all’azienda in termini di profitto, ma quale sarà il prezzo che pagheranno i lavoratori? Che servizio si restituirà ai soci, spesso ignari e convinti di entrare in un punto vendita Coop in tutto e per tutto? Uno di quei punti vendita descritti dalle famose pubblicità come un mondo accattivante e che già ora tanto accattivante non è, come dimostra il contro spot prodotto da un gruppo di lavoratrici Coop che su YouTube è stato cliccato da decine di migliaia di utenti della rete.
Il franchising non servirà che per contrarre ulteriormente diritti e salario ai i lavoratori del franchising stesso, indebolendo la forza contrattuale dei già stremati e precarizzati “occupati storici” della Coop. Quello che ne conseguirà non potrà che essere un arretramento delle condizioni di tutti i lavoratori e un cattivo servizio offerto ai soci ed ai consumatori dei supermercati Coop “MODELLO MARCHIONNE”.
L’USB ritiene necessario fare luce sulla degenerazione di un sistema in cui l’originario spirito di solidarietà e mutualità è stato sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale. Mentre le nove grandi cooperative di distribuzione (tra le quali appunto Unicoop Tirreno), sono concentrate più sulla finanza che sull'impresa, quello che ci preme sottolineare è l'evidenza che lo scambio sociale che il sistema cooperativo illusoriamente promette ormai non regge più. Il modello di sviluppo dell'impresa cooperativa è ormai tarato sui nuovi standard del mercato del lavoro e queste ultime scelte e le tante vertenze aperte stanno lì a testimoniarlo.
A farne le spese sono i lavoratori ma anche i soci e i consumatori, a cui vengono restituiti servizi di pessima qualità. La Carta costituzionale, riconoscendo alle cooperative una funzione di carattere sociale, riserva a queste un particolare trattamento ed ingenti agevolazioni fiscali. Ma chi controllerà la reale “mission” dei soggetti privati a cui verrà affidato il marchio Coop (svincolati da qualsivoglia verifica sulle finalità sociali), e che concorreranno al profitto del sistema cooperativistico che continuerà a beneficiare dei privilegi di legge senza essere soggetto ad alcuna verifica sull’effettiva finalità d’impresa?
Insomma, la crisi e le incapacità manageriali le pagano i lavoratori, come sempre, tutto il resto si giustificherà con la solita complicità del "sindacato di palazzo". Ancora una Volta Unicoop Tirreno stimola la nostra orwelliana memoria e prova a ricordarci che “tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri” facendo rimpiangere ai lavoratori Mr. Jones e la sua fattoria padronale.
Noi respingiamo al mittente questa logica e ci prepariamo a rilanciare le mobilitazioni per il salario e l’occupazione sicuri che i lavoratori, se vengono messi in condizione di scegliersi il proprio futuro, non si rassegnano alla politica della riduzione del danno ma hanno le qualità, l’energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti e del salario ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora.
Cari Oligarchi Coop, noi siamo pronti a resistere... Almeno un minuto più di voi.
Usb Commercio
11 marzo 2016